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Roma: Itinerari Turistici







Lungo il Tevere





L'itinerario si snoda lungo il Tevere, da sempre elemento caratteristico del paesaggio romano. Fino alla costruzione dei muraglioni, alla fine dell'Ottocento, era completamente navigabile e caratterizzato da un'interminabile sequenza di edifici che si affacciavano a specchio sull'acqua.

Nel fiume si pescava e ci si faceva il bagno: l'acqua si beveva e si utilizzava come forza motrice.
Ancora oggi, dalla fine della primavera all'inizio dell'autunno, è attivo un suggestivo servizio di navigazione fluviale tra il Ponte del Foro Italico e Ponte Umberto I (tel.064463481). Agli amanti della bicicletta è dedicata invece la pista ciclabile attrezzata tra Ponte Flaminio e Ponte Risorgimento.
La nostra passeggiata prende le mosse dall'Isola Tiberina, che ebbe un'eccezionale importanza nella storia della nascita e dello sviluppo di Roma.


Fin da epoche antichissime infatti la presenza dell'isola facilitò l'attraversamento del fiume facendo sì che sulle alture circostanti si costituissero i primi insediamenti stabili.

Secondo l'antica tradizione l'isola si sarebbe formata alla fine del VI secolo a.C. dopo la cacciata da Roma dei re etruschi, quando il popolo gettò nel fiume, per disprezzo nei confronti della monarchia, il grano mietuto nelle proprietà reali del Campo Marzio. Un'altra leggenda racconta anche di una grande barca incagliatasi in mezzo al fiume durante un'alluvione e in seguito riempita di sabbia trasportata dalla corrente. In realtà l'isola è fondata su un antichissimo nucleo di roccia vulcanica simile a quello sul quale sorge il vicino Campidoglio, ma la forma sembra proprio quella di una nave!
Ciò non sfuggì ai romani, che infatti nel I secolo a.C. accentuarono tale forma modellando col travertino i lati dell'isola e issandovi al centro un obelisco quale maestoso albero maestro. Questa "nave di pietra" doveva ricordare la nave salutare di Esculapio, dio della medicina, e il suo intervento miracoloso. Narra la leggenda che nel III secolo a.C., durante una pestilenza, i romani si recarono con una nave ad Epidauro, in Grecia, per conoscere dal dio Esculapio la Via di scampo al flagello. Ma quando la nave di ritorno stava risalendo il corso del fiume da essa sgusciò, all'altezza dell'isola, il serpente sacro al dio, indicando che quell'isola doveva essere consacrata a lui. La costruzione di un edificio sacro al dio Esculapio, in corrispondenza dell'attuale chiesa di San Bartolomeo, determinò la definitiva destinazione dell'isola a luogo di cura, facilitata anche dalla posizione appartata rispetto al centro abitato. Ancora oggi l'ospedale Fatebenefratelli è l'edificio che occupa quasi interamente l'isola caratterizzandola profondamente. Trattoria storica dell'isola Tiberina è quella della Sora Lella, in Via di Ponte dei Quattro Capi 16, appartenuta alla sorella dell'attore Aldo Fabrizi.
L'isola è unita alla terraferma da due ponti: il Cestio, che la collega con la sponda di Trastevere, e il Fabricio, o Ponte dei Quattro Capi, che fu costruito nel 62 a.C. ed è il più antico ponte di Roma giunto fino a noi pressoché intatto. Dall'isola è ben visibile anche un terzo ponte, il Ponte Rotto, crollato alla fine del Cinquecento. Il Ponte Fabricio era detto in passato Ponte dei Giudei perché collegava l'isola Tiberina all'area del Ghetto dove vivevano gli ebrei di Roma.
Con il termine Ghetto si intende il quartiere compreso tra Monte dei Cenci e Teatro di Marcello, interamente facente parte del rione Sant'Angelo. Venne istituito da papa Paolo IV Carafa nel 1555 per essere abolito solo nel 1870, con la fine dello Stato della Chiesa. Era circondato da un muro nel quale si aprivano tre porte, aperte la mattina e chiuse al tramonto. In circa tre ettari di superficie vivevano, nel Seicento, 9.000 abitanti le cui condizioni igieniche erano spaventose.

Il Ghetto si affaccia sul Lungotevere Cenci con l'edificio monumentale della Sinagoga, costruita nel 1904 e sede oggi anche del Museo Israelitico della Comunità Ebraica di Roma.


Alle spalle della Sinagoga corre la Via del Portico d'Ottavia, che deve il nome alle rovine dell'antico portico fatto costruire alla fine del I secolo a.C. dall'imperatore Augusto per la sorella.
All'interno di una parte del monumento oggi si trova la chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, cosiddetta in riferimento all'importante mercato del pesce che qui si tenne dal Medioevo alla fine dell'Ottocento. Ancora si conserva la lapide che veniva utilizzata nel mercato per ricordare l'obbligo di dare ai Magistrati del Comune le teste dei pesci la cui lunghezza fosse risultata superiore a quella della lapide stessa.
La chiesa di Sant'Angelo era una delle quattro chiese in cui gli ebrei dovevano andare ogni sabato con l'obbligo di ascoltare le prediche che avevano lo scopo di convertirli. Ci si poteva sottrarre all'obbligo pagando una multa, ma più spesso gli ebrei preferirono riempirsi le orecchie di cera!

Oggi il Ghetto è una delle zone di Roma che più di ogni altra conserva la fisionomia, gli odori e i sapori dell'antica città: per assaporare le specialità dell'autentica cucina romana ed ebrea (carciofi alla giudia, filetti di baccalà, coda alla vaccinara) si consigliano le trattorie Giggetto, in Via del Portico d'Ottavia, 21 a-22 (tel.06-6861105) e Al Pompiere in Via Santa Maria dei Calderari 38 (06 6868377). Si consiglia di fare un salto da Boccione, Via del Portico d'Ottavia 1, dove si possono trovare torte, dolci e pane azzimo realizzati secondo la tradizione ebraico-romana.


Proseguendo l'itinerario verso sud, si raggiunge la zona del Foro Boario, destinato anticamente al mercato della carne bovina, e del Velabro, luogo occupato da un'antica palude dove, secondo la tradizione, si sarebbe incagliata la cesta con i gemelli Romolo e Remo.
Figli di Marte e Rea Silva, i gemelli furono salvati da una lupa che li allattò. Per questo motivo la lupa é divenuto uno dei simboli della città di Roma.
Monumenti dominanti dell'area sono i due famosi templi cosiddetti di Vesta (quello a pianta circolare, in realtà dedicato a Ercole vincitore) e della Fortuna Virile (in realtà dedicato al dio del fiume Portumnus). Segue la chiesa di Santa Maria in Cosmedin risalente al VI secolo e affidata in seguito ai Greci fuggiti a Roma dall'Oriente. La chiesa deriva infatti il proprio appellativo dal greco, con riferimento alle splendide decorazioni che la caratterizzavano.

Qui ogni domenica, alle 10.30, è possibile assistere alla messa in rito greco-ortodosso.
Nel portico della chiesa, sulla sinistra, è conservata la famosa Bocca della Verità, una grossa pietra circolare raffigurante la testa di un fauno o di una divinità fuViale, con la bocca spalancata. Si dovrebbe trattare di un chiusino monumentale ma, secondo la leggenda, la lastra veniva usata per giudicare l'onestà di una persona: chi giurava il falso tenendo la mano in quella bocca non sarebbe riuscito a tirarla fuori se non mozzata.


Anche Audrey Hepburn e Gregory Peck ne subirono il fascino misterioso nel famoso film Vacanze Romane!
A questo punto la passeggiata prosegue verso Castel Sant'Angelo, in direzione nord; si può scegliere di proseguire a piedi oppure di prendere un mezzo pubblico.



Se invece ci si vuole prima concedere una piccola pausa, al di là del Tevere, proprio all'imbocco di Ponte Cestio, potete gustare una delle più famose "grattachecche" di Roma.
Castel Sant'Angelo nasce al principio del II secolo per volere dell'imperatore Adriano, come tomba monumentale per sé e per i suoi successori.


Lo collega alla sponda sinistra del Tevere il Ponte Elio, oggi Ponte Sant'Angelo, decorato dalle statue di dieci angeli di marmo con i simboli della passione di Cristo realizzati su disegno di Gian Lorenzo Bernini. Il destino del monumento viene segnato nel 403, quando l'imperatore Onorio lo include nella cinta muraria cittadina trasformandolo in un fortilizio avanzato sul fiume. Dal XIII secolo diventa una "dependance" del vicino Vaticano; papa Niccolò III infatti realizza il famoso Passetto di Borgo, corridoio coperto di collegamento tra San Pietro e il Castello.
La fortezza divenne celebre nel tempo soprattutto come prigione: qui furono rinchiusi Benvenuto Cellini e il celebre avventuriero Giuseppe Balsamo detto conte di Cagliostro .
Il nome con cui è nota la fortezza deriva da un evento miracoloso compiutosi nel 590: infieriva su Roma una grave pestilenza, per scongiurare la quale fu organizzata da papa Gregorio Magno una solenne processione. Quando la processione giunse nei pressi della Mole Adriana, fu visto librarsi in aria l'arcangelo Michele che rinfoderava la spada fiammeggiante, per simboleggiare la fine della peste. La statua dell'angelo, posta sulla sommità del castello a ricordo dell'evento, fu sostituita per ben sei volte.
Lasciando Castel Sant'Angelo alle spalle e costeggiando ancora il Tevere, si oltrepassa il Palazzo di Giustizia e si raggiunge Ponte Cavour, al di là del quale si trova l'Ara Pacis.

L'altare della pace, venne fatto realizzare da Augusto per celebrare la pacificazione dell'Impero dopo le conquiste di Gallia e Spagna.
Il monumento, che originariamente sorgeva nei pressi dell'attuale Via in Lucina in Campo Marzio, venne qui ricostruito nel 1938. Di fronte all'altare è il Mausoleo fatto costruire da Augusto come tomba per sé e per la sua famiglia.

Il monumento, caduto in abbandono, fu nel tempo vigna, giardino e, alla fine del Cinquecento, arena per giostre e corride.
Alla fine dell'Ottocento venne chiamato Anfiteatro Umberto e dal 1905 al 1930 fu sala per concerti con il nome di Augusteo. Alla fine degli anni Trenta il monumento venne isolato con la creazione della grande piazza Augusto Imperatore.


Proprio sulla piazza, al numero civico 9, si consiglia il ristorante 'Gusto (06 3226273), estremamente raffinato nella cucina come nell'arredamento: di sabato e domenica è aperto anche all'ora di pranzo. Per assaggiare delle ottime fettuccine c'è invece al civico 30 Alfredo all'Augusteo (06 6878734).
Informazioni pratiche: Sinagoga e Museo Ebraico, aperti dalle 9.00 alle 16.30, venerdì dall 9.00 alle 13.30, domenica dalle 9.00 alle 12.00, chiusi sabato.
Castel Sant'Angelo, aperto dalle 9.00 alle 18.00, chiuso lunedì.


Roma Medievale



Non è facile a Roma trovare testimonianze artistiche dell'epoca medievale anche perché spesso esse sono inglobate all'interno di edifici costruiti in epoche successive, oppure nascoste in luoghi poco frequentati dai turisti occasionali. Oltre la città antica, rinascimentale o barocca esiste anche una Roma medievale con i suoi monumenti e opere d'arte che si possono in parte scoprire attraverso questo itinerario.

Delle numerose chiese costruite durante il Medioevo a Roma, se ne conservano circa 40 che hanno ancora il loro aspetto originario. E delle circa 300 torri esistenti ne possiamo contare 50, molte delle quali sono assolutamente sconosciute poiché nascoste dagli edifici a cui sono addossate.

Roma in età medievale era ovviamente più piccola di come è oggi e si estendeva nei pressi del Tevere, risorsa fondamentale per l'approvvigionamento idrico e importante via di comunicazione. Nel rione Trastevere, lungo la sponda destra del fiume, sono ancora conservati chiese ed edifici ad uso abitativo che risalgono all'età medievale.
La visita può quindi cominciare dall'Isola Tiberina per concludersi nel cuore di Trastevere in Piazza Santa Maria in Trastevere.


Sull'Isola Tiberina ancora oggi si può ammirare ciò che rimane del Castello dei Caetani, edificato a ridosso della Torre dei Pierleoni risalente al X secolo. Nel 1087 Matilde di Canossa e il papa Vittore III si nascosero nella torre per sfuggire alle insidie dell'esercito dell'antipapa Clemente II e, nel 1089, vi risiedette papa Urbano II. I Caetani divennero proprietari del fortilizio intorno al 1294, anno in cui Benedetto Caetani fu eletto papa col nome di Bonifacio VIII. La torre, che ancora oggi fa da testata a Ponte Fabricio, è nota anche come Torre della Pulzella, in riferimento alla piccola testa marmorea di giovane donna incastrata nella cortina di mattoni.


Le torri erano dimora e fortezza delle famiglie aristocratiche e simbolo del loro potere. Nel tempo, molte delle case-torri subirono danneggiamenti a causa di terremoti o furono abbattute per volontà del senatore Brancaleone degli Andalò nel 1252. Con il Rinascimento, si affermò la tipologia del palazzo residenziale e le torri furono inglobate nelle nuove costruzioni oppure distrutte completamente.

All'interno della Chiesa di San Bartolomeo all'Isola, di fronte ai gradini del presbiterio, è collocata una delle testimonianze medievali più importanti della chiesa: un puteale o vera da pozzo marmorea realizzata da un frammento di colonna romana.


E' una delle pochissime testimonianze di arte ottoniana presente a Roma. E' infatti databile al X secolo, all'epoca dell'imperatore Ottone III che, molto probabilmente, la commissionò. A sinistra della facciata della chiesa si innalza il campanile romanico, realizzato nel XII secolo.
Dall'isola Tiberina è possibile raggiungere Piazza in Piscinula dove si erge Casa Mattei, elegante complesso di abitazioni trecentesche realizzate per la nobile famiglia romana e restaurate, in epoca fascista, da Lorenzo Corrado Cesanelli.



Al piano terra del palazzetto alcuni ambienti erano occupati dalla locanda detta "della Sciacquetta".
Nel palazzo ad angolo con Via della Lungarina abitò per un certo periodo il poeta romanesco Trilussa.
Da Piazza in Piscinula si prende Via Arco dei Tolomei che prende il nome dall'arco medievale ancora visibile anche se notevolmente rimaneggiato.


Il monumento fu eretto per la nobile famiglia senese che visse in questo quartiere dal XIV secolo. Da Via Arco dei Tolomei si gira in Via dei Salumi (che, come molte altre strade del quartiere, deve il nome ai mestieri dei bottegai) dalla quale inizia il pittoresco Vicolo dell'Atleta.
Il Vicolo dell'Atleta è così detto perché nel 1849 vi è stata rinvenuta la statua dell'Apoxyomenos (atleta, appunto, che si deterge il sudore e la polvere mista all'olio di cui era cosparso prima della lotta). La scultura, copia romana del I secolo d.C. da un originale greco di Lisippo, è ora conservata nei Musei Vaticani.





Al civico n. 14 del Vicolo dell'Atleta è possibile vedere una graziosa costruzione duecentesca, con loggia e archetti ogivali su mensole di pietra, e con iscrizione a caratteri ebraici sulla colonna centrale. E' considerata l'unica sinagoga ebraica antica sopravvissuta nel quartiere, che nel medievo era popolato da una cospicua colonia di ebrei romani.

In questa zona di Roma, centro del più antico folclore trasteverino, si ballava il "saltarello", tipica danza popolare abbruzzese e ciociara nata nel XIV secolo.
Ogni anno, dal 1535, si svolge invece la tradizionale "Festa de Noantri" (vale a dire i trasteverini, in opposizione ai "voantri" degli altri rioni), dedicata alla Madonna del Carmine la cui ricorrenza religiosa cade il 16 luglio. La festa religiosa è sostenuta da quella civile che prevede concerti, competizioni sportive e attrazioni varie che si concludono con i fuochi di artificio.
Ritornando in Via dei Genovesi si può prendere Via di Santa Cecilia che conduce nella piazza dove domina l'omonima chiesa. Di fronte all'ingresso della Basilica di Santa Cecilia, all'angolo con Piazza dei Mercanti si può vedere un bell'esempio di casa trecentesca.


La chiesa di Santa Cecilia, notevolmente alterata nei secoli, conserva un bellissimo ciborio gotico realizzato da Arnolfo di Cambio nel 1293 e i preziosi mosaici absidali del IX secolo. Nel coro delle monache è inoltre il celebre affresco con il Giudizio Universale di Pietro Cavallini, il maggior pittore romano vissuto alla fine del Duecento.
Ritornando su Via dei Genovesi si giunge in Piazza Sonnino, dove è situata una delle più conosciute costruzioni medievali: la Torre degli Anguillara, più nota come Casa di Dante.


La fortificazione, costituita da un recinto merlato, che rinforzato da una torre, racchiudeva abitazioni e stalle, risale al XIII secolo. Ampliata nel XV secolo dal conte Everso II, la costruzione fu pesantemente restaurata nel XIX secolo. Dal 1914 è sede della "Casa di Dante", un'istituzione culturale promotrice di studi sul poeta.
Nei pressi della piazza si trova la chiesa di San Crisogono, una delle grandi basiliche medievali di Trastevere. Nell'abside è conservato un mosaico del XIII secolo erroneamente attribuito a Pietro Cavallini.

Il campanile, che si sviluppa per 5 piani, fu realizzato intorno al 1120 per ordine del cardinale titolare della chiesa, Giovanni da Crema, a cui si deve anche la costruzione della basilica.
Percorrendo tutta Via della Lungaretta si arriva nella piazza dove sorge la basilica di Santa Maria in Trastevere, uno dei gioielli medievali di Roma (vedi itinerario n. 2). Nell'abside sono i celebri mosaici con l'Incoronazione della Vergine, realizzati nel 1143, e con le Storie della Vergine compiuti da Pietro Cavallini nel XIII secolo.





A sinistra dell'abside è la Cappella Altemps che conserva la Madonna della Clemenza, del VI secolo, una delle più antiche tra le immagini della Vergine pervenuteci.
La chiesa sarebbe sorta sulla Taberna meritoria dove, nel 38 a. C., avvenne una miracolosa eruzione di olio, interpretata successivamente come annuncio della nascita di Gesù. Sul luogo del prodigio si fondò così, nel IV secolo, la prima chiesa dedicata nella città al culto della Vergine. In realtà, più che da un miracolo, l'eruzione fu provocata dalla naturale fuoriuscita di petrolio dalla terra.
Questo quartiere, abbastanza tranquillo di giorno, di notte si popola di romani e stranieri che cercano un locale dove poter mangiare e divertirsi. Si può in effetti gustare un'ottima pizza da Ivo in Via San Francesco a Ripa 158 (06 5817082), oppure mangiare Gildo in Via della Scala 31/A (06 5800733). In Santa Maria in Trastevere si trova il ristorante Sabatini, una vera istituzione nel rione (06 5812026). Comunque quasi tutti i locali propongono ottime soluzioni gastronomiche adatte per tutti i gusti e tutte le tasche!

Indicazioni pratiche: l'itinerario si svolge a piedi. Si consiglia di effettuare il giro nel pomeriggio al fine di concludere la giornata gustando una cena tipicamente romana.



Le Piazze storiche



L'itinerario non può che prendere inizio da Piazza del Campidoglio che si trova sull'altura del Colle Capitolino, da sempre sede privilegiata della divinità e del potere.

Sebbene sia il più basso e il meno esteso dei sette colli, al principio del VI secolo a.C. vi sorse il tempio di Giove Capitolino, in assoluto il tempio più importante dell'antica Roma. In corrispondenza dell'attuale chiesa di Santa Maria in Ara Coeli fu eretto invece il tempio di Giunone Moneta.

Proprio nel Tempio di Giunone Moneta, cioè "esortatrice, ammonitrice", ebbe sede la prima zecca di Roma e dall'attributo della dea deriva il termine con cui ancora oggi definiamo il denaro.

Nel 390 a.C. i Galli, comandati dal re Brenno, irruppero in Roma valicando il colle capitolino ma le oche che qui si custodivano, essendo animali sacri a Giunone, cominciarono a starnazzare. I romani, svegliati dal rumore provocato dagli animali, poterono così respingere gli assalitori.

Durante il Medioevo la sommità del colle, parzialmente abbandonato tanto da essere chiamato Monte Caprino perché vi pascolavano le capre, fu sede di mercato.

Nel mercato la misura per il vino era ricavata dentro il rocchio di una colonna antica, mentre quella per il grano (la ruggitella) era ricavata dentro l'urna delle ceneri dell'imperatrice Agrippina.

La piazza come vero e proprio elemento urbanistico nasce solo a partire dal 1538, quando papa Paolo III ne affida la sistemazione a Michelangelo. Il Buonarroti progetta il bel disegno pavimentale a forma di stella, la facciata del Palazzo Senatorio, sede del Comune di Roma fin dal 1143, e i due palazzi che abbracciano la piazza, oggi sede rinnovata dei Musei Capitolini, i più antichi musei del mondo.

La statua equestre di Marco Aurelio, di cui oggi è visibile la copia fedele al centro della piazza e l'originale all'interno dei musei, passò indenne attraverso il medioevo, epoca in cui i metalli venivano fusi e riutilizzati, solo per un equivoco: i papi, che ne furono proprietari fino al XV secolo, avevano identificato il personaggio con Costantino, primo imperatore cristiano. Narra la leggenda che quando canterà la civetta che si trova fra le orecchie del cavallo ci sarà la fine del mondo. Tale evento sembra essere però molto lontano, visto che la civetta in realtà é un ciuffo della criniera!

Un camminamento recentemente aperto al pubblico congiunge la Piazza del Campidoglio alle Terrazze del Vittoriano, o Altare della Patria, dalle quali si può godere di una incomparabile vista a 360° sulla città. Il monumento, dedicato alla memoria di Vittorio Emanuele II, 1° re d'Italia e, dal 1921, al Milite Ignoto, contiene al suo interno il Museo del Risorgimento ed il Sacrario delle Bandiere ed è interamente percorribile in tutti i suoi spazi.

Ai piedi del Campidoglio si apre Piazza Venezia, che prende il nome dal monumentale palazzo voluto da papa Paolo II, di origine veneziana, alla metà del XV secolo.


Nel 1929, quando Palazzo Venezia divenne sede del capo di Governo, la piazza fu proclamata Foro d'Italia, divenendo il vero centro della città. Un lato della piazza è dominato dal fondale scenografico dell'Altare della Patria. La costruzione dell'edificio comportò purtroppo la completa distruzione del preesistente quartiere medievale e rinascimentale dove visse, fino alla sua morte, Michelangelo.
Da Piazza Venezia si può in breve raggiungere, percorrendo un tratto di Via del Corso, Piazza Colonna, cosi denominata dall'alta colonna marmorea del II secolo che celebra le vittorie dell'Imperatore Marco Aurelio sulle popolazioni germaniche.



La colonna si salvò dalla distruzione perché nel Medio Evo vi fu costruita a ridosso la chiesetta benedettina di Sant'Andrea. Era possibile salire sino al terrazzino in vetta, attraverso la scaletta interna, pagando una tassa. Da lassù, dove un tempo si trovavano le statue di Marco Aurelio e Faustina, i pellegrini potevano ammirare un vasto panorama.

La piazza fu sede delle delle Poste pontificie, luogo di celebri caffè e di famosi concerti bandistici. Attualmente è il centro della vita politica italiana, che gravita attorno a Palazzo Chigi sede della presidenza del Consiglio dei Ministri.

Da Piazza Colonna ci si può dirigere, passando di fronte a Palazzo Montecitorio, sede del Parlamento della Repubblica, verso la Piazza detta della Rotonda che prende nome dall'inconfondibile mole del Pantheon.


Il Pantheon è l'edificio dell'antica Roma che meglio si è conservato fino ai nostri giorni e rappresenta un vero capolavoro di architettura. Il nome di Agrippa, leggibile ancora sulla facciata, ricorda il genero dell'Imperatore Augusto, che per primo realizzò questo tempio dedicato "a tutti gli dei". Il Pantheon attuale però, completamente diverso dall'originale, è opera dell'imperatore Adriano, che al principio del II secolo riedificò il monumento conservandone solo, per modestia, l'antica iscrizione.



Nel VI secolo l'imperatore bizantino Foca donò l'edificio a papa Bonifacio IV che lo trasformò nell'attuale chiesa di Sancta Maria ad Martyres.

Per la solenne consacrazione della chiesa, il papa fece giungere dalle catacombe ben 28 carri di ossa di martiri che furono deposte sotto l'altare. Durante la cerimonia, alle note del Gloria, i romani videro schiere di diavoli alzarsi in volo e uscire dall'apertura della cupola.

La caratteristica più sbalorditiva dell'edificio è l'eccezionale cupola di copertura. Si tratta della cupola più grande che sia stata mai realizzata in calcestruzzo; il suo diametro misura 43, 30 m ed è maggiore di quello della cupola di San Pietro!!

Tutto l'edificio è concepito come una figura geometrica perfetta: una sfera inserita in un cilindro. Il diametro della sfera coincide con l'altezza del cilindro. La cupola, realizzata con materiali diversi e sempre più leggeri verso l'alto, termina con un grande occhio aperto, dal diametro di 9 metri. Da questa apertura entra la pioggia convogliata nei tombini visibili sul pavimento.

Il Pantheon è oggi sacrario dei re d'Italia: infatti qui sono le tombe di Vittorio Emanuele II, di Umberto I e di Margherita di Savoia.

In un sarcofago antico, inoltre, si trova la tomba di Raffaello Sanzio. Sul coperchio del sarcofago sono incisi i due versi latini che il poeta Pietro Bembo scrisse per il famoso artista: Questo è Raffaello, dal quale, vivo, la Natura temette di essere vinta, e mentre egli moriva, di morire anch'essa.

Se si ha il tempo per una piccola pausa, si consiglia di sorseggiare un caffé o di gustare una granita di caffè con panna alla torrefazione Tazza d'Oro, all'angolo con Via dei Pastini. Prelibatezze gastronomiche si possono acquistare presso la salumeria Rossi in Piazza della Rotonda 4.

Da piazza della Rotonda si può raggiungere in breve Piazza Navona, uno dei più straordinari esempi di persistenza urbanistica della città. L'originale forma della piazza ricalca infatti con estrema fedeltà il perimetro dell'antico stadio di Domiziano fatto costruire nell'86 d.C. per svolgervi gare di atletica.




I resti di tale antico complesso giacciono a 5-6 metri al di sotto dell'attuale piano stradale e sono ancora visibili sotto un palazzo moderno in Piazza di Tor Sanguigna e nei sotterranei della chiesa di Sant'Agnese in Agone. Il nome attuale della piazza deriva, per corruzione linguistica, proprio del termine Agones, che in latino significa appunto "giochi".

La chiesa di Sant'Agnese in Agone sorge sul luogo in cui, secondo la tradizione, la dodicenne Agnese fu martirizzata, alla fine del III secolo durante le violente persecuzioni dell'imperatore Diocleziano. La santa, esposta nuda al ludibrio dei pagani, ebbe il corpo miracolosamente ricoperto dai suoi stessi capelli, allungatisi all'improvviso.

Il carattere e la fisionomia dell'attuale piazza venne impresso nel XVII secolo allorché la nobile famiglia dei Pamphili, che aveva fissato la propria residenza nella zona, si affidò ai più grandi architetti dell'epoca per monumentalizzare l'area e renderla uno dei più scenografici spazi esistenti nella città.

Uno degli spettacoli più divertenti era il cosiddetto "lago" che si svolgeva in piazza durante i mesi più caldi. La bocca del mostro marino che si contorce tra i flutti, unico punto di scarico delle acque della Fontana dei Fiumi, veniva chiusa, provocando così l'allagamento della piazza. Le carrozze che si dirigevano a Palazzo Pamphilj assumevano le fogge più bizzarre, sempre comunque in relazione con l'acqua. Al passaggio esse venivano ammirate dal popolo che approfittava del lago per rinfrescarsi un pò. L'usanza venne interrotta a fine Ottocento per motivi igienici.

La piazza è circondata da ottimi caffè e gelaterie: si può consigliare di fermarsi ai Tre scalini, per gustare il famoso tartufo al cioccolato oppure al Caffè della Pace in Via della Pace, da anni uno dei più animati punti di incontro della capitale. La notte é meta prediletta di giovani e gente dello spettacolo, mentr di giorno é frequentata da artisti e intellettuali.

Chiude necessariamente l'itinerario attraverso le piazze storiche di Roma piazza di Spagna. La piazza, dalla forma estremamente originale, con una strozzatura al centro che la divide in due parti, quasi fosse una farfalla, fu fin dal Seicento luogo d'incontro per i viaggiatori provenienti da tutta Europa, che qui potevano comodamente arrivare con le carrozze.




Cominciarono così a sorgere alberghi, botteghe e caffè nei quali si ritrovavano pittori, scrittori e rampolli di ricche famiglie, in un clima internazionale, ritratto alla fine dell'Ottocento da Gabriele D'Annunzio. Il carattere europeo dell'area è sottolineato chiaramente dalla presenza delle rappresentanze diplomatiche di Francia e Spagna che influirono anche sul nome stesso della piazza. Nota infatti inizialmente come Platea Trinitatis, per la chiesa di Trinità dei Monti che la sovrasta, si chiamò in seguito Piazza di Spagna, nella parte destra, dinanzi al palazzo dell'ambasciata di Spagna e Piazza di Francia, nella parte rivolta verso Via del Babuino.

Davanti al palazzo di Spagna nel 1857 fu innalzata la colonna dell'Immacolata. E' uno degli ultimi monumenti della Roma papalina, voluto da papa Pio IX per celebrare la proclamazione del Dogma dell'Immacolata Concezione della Vergine. Ogni anno, l'8 dicembre, i vigili del fuoco, alla presenza del pontefice, rendono onore alla Vergine deponendo una corona di fiori sulla statua.


Sulla sommità della collina, dove nell'antichità sorgevano favolose ville residenziali, svetta oggi la scenografica facciata della chiesa eretta nel XVI secolo per volere dei sovrani di Francia nel luogo preferito da San Francesco da Paola per la solitudine e la pace. Il sito era infatti completamente isolato dalla parte più bassa e, dove oggi si ammira la scalinata, c'era in origine un vero e proprio bosco, spesso scenario di fatti delittuosi. La scalinata realizzata da Francesco de Santis, a partire dal 1732, é composta da 138 gradini che però si salgono molto agevolmente perché l'architetto aveva previsto la presenza di sedili e di piccole piazzole tra una rampa e l'altra.

Se è pomeriggio si consiglia di fermarsi per gustare il rituale tè delle cinque presso la rinomata sala da tè Babington's, un vero e proprio angolo di vecchia Inghilterra voluto nel 1893 dalle intraprendenti Miss Babington e Miss Cargill. Qui viene servito anche un ottimo brunch, ma per uno spuntino più veloce c'é sempre Mc Donald's in Piazza di Spagna.





Roma Barocca



Se c'è nell'arte un periodo che si può dire abbia lasciato indelebilmente impresso il proprio carattere alla città di Roma, questo è il Barocco. Espressione concreta della Chiesa trionfante che è riuscita a superare la crisi provocata dalla riforma protestante, il barocco è per eccellenza lo stile della teatralità, della meraviglia e dello stupore che coinvolge emotivamente lo spettatore. Nel corso del XVII secolo sono stati realizzati palazzi, fontane, piazze e chiese che hanno capillarmente invaso la città dandole un volto nuovo che, ancora oggi, la contraddistingue nel mondo.

Seguendo l'itinerario, si ripetono alternatamente i nomi dei due grandi e indiscussi protagonisti di questa stagione, Bernini e Borromini che, forse a causa della rivalità che ha caratterizzato i loro rapporti, si rivelarono entrambi due autentici geni.

L'itinerario inizia dalla chiesa di Santa Maria della Vittoria dove e' possibile ammirare un vero e proprio capolavoro, la stupefacente Estasi di Santa Teresa scolpita da Gian Lorenzo Bernini.

Collocata nella cappella Cornaro, a sinistra del transetto, l'opera e' concepita in maniera teatrale, rispettando le parole di Santa Teresa d'Avila che, per descrivere il momento in cui un angelo le trafisse il cuore, scrisse di essersi sentita "incendiata dell'Amore di Dio". La "messa in scena dell'opera" è accentuata dalla presenza, nei palchetti laterali, di alcuni membri della famiglia Cornaro che sono gli spettatori privilegiati di un'esperienza alla quale tutti i fedeli sono invitati a partecipare.

La scultura, nel Settecento, fu particolarmente criticata per essere eccessivamente sensuale, tanto che il marchese de Sade stentava a credere che Teresa fosse santa e il de Brosses, letterato francese, si permise di affermare: "se questo è amore divino, lo conosco bene".

Di Francesco Borromini é invece il progetto della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, in Via del Quirinale. Le forme bizzarre ed estrose degli elementi architettonici nonché il continuo alternarsi di linee concave e convesse negli elementi decorativi, sono stati realizzati grazie all'uso esclusivo dello stucco, materiale particolarmente duttile che ben si adattava - più del marmo - ai fantasiosi progetti dell'architetto.






Borromini riuscì a creare un capolavoro assoluto, malgrado le dimensioni estremamente ridotte della chiesa. Si narra che l'intera superficie della chiesa sia ampia quanto quella di un solo pilone di sostegno della cupola di San Pietro!

Proseguendo per la via, sullo stesso lato di San Carlino, si erge la chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, capolavoro di Bernini.


Definita la "perla" del Barocco per i preziosi materiali impiegati nella costruzione, la chiesa fu l'edificio al quale Bernini si sentì più legato. Durante gli ultimi anni della sua vita, nel tardo pomeriggio, si faceva condurre in chiesa per ammirare la luce che, filtrata dalle finestre, si rifletteva sulle pareti di marmo e sulle decorazioni in oro e stucco.

Gian Lorenzo Bernini fu anche artefice di due lavori in Palazzo del Quirinale: la loggia delle benedizioni e il torrione circolare, aggiunto come baluardo difensivo all'epoca di papa Urbano VIII.


Sorto come residenza suburbana nel XVI secolo, il palazzo del Quirinale fu in seguito scelto come residenza pontificia estiva grazie alla salubrità dell'aria e alla vicinanza con il centro della città.

Divenuta nel 1870 sfarzosa reggia dei Savoia è oggi sede della Presidenza della Repubblica. Il palazzo è visitabile ogni domenica mattina, dalle 8.30 alle 12.30 mentre ogni domenica pomeriggio alle 16.00, nella piazza antistante, si svolge il solenne Cambio della guardia, accompagnato da un concerto bandistico.

Di fronte si trovano le Scuderie papali, recentemente ristrutturate dall'architetto Gae Aulenti per ospitare importanti esposizioni d'arte. Dalla caffetteria, allestita all'interno dello spazio espositivo, si gode uno dei più spettacolari panorami sulla città.




Scendendo dal colle del Quirinale per Via della Dataria e oltrepassata Via del Corso, si vale la pena entrare nella chiesa di Sant'Ignazio, anche se non vi sono opere né di Bernini né di Borromini. L'immenso soffitto, affrescato da padre Andrea Pozzo che realizzò una architettura che si apre nel cielo dove sant'Ignazio viene accolto e glorificato, è infatti una delle ultime e stupefacenti espressioni della pittura barocca. E' incredibile l'illusione provocata dalle finte architetture che danno l'idea di uno spazio che si estende all'infinito.


Ma ancora più grande é lo stupore dinanzi alla finta cupola. E' un trompe-l'œil realizzato in prospettiva per essere visto dai fedeli disposti lungo la navata. Per ammirare la cupola, realizzata su tela, ci si può fermare sul disco in porfido al centro della navata.

Per cogliere l'inganno visivo ci si deve invece spostare verso il transetto! L'autore di questo capolavoro é Andrea Pozzo, sacerdote gesuita, pittore, architetto e matematico che svolse anche, all'interno dell'ordine religioso, la mansione di cuoco.

Prima di proseguire la visita si consiglia di fermarsi ad ammirare la piccola ma deliziosa piazzetta antistante la chiesa. Quando, nel 1727, l'architetto Filippo Raguzzini progettò i movimentati edifici, fu criticato per aver realizzato una piazza a forma di "canterano", mobile di moda all'epoca. In realtà lo spazio appare oggi come una delle più riuscite creazioni rococò. La Via dei Burrò, che si insinua alle spalle di uno dei palazzetti, prende il nome dai bureaux, cioè uffici francesi che avevano sede in questi stabili.

In Via dei Bergamaschi 59 si trova il negozio Tulipani bianchi, dove due simpatici ragazzi svizzeri, Monika e Franz, realizzano originalissimi bouquet ed eleganti composizioni floreali.

Nella vicina Piazza di Pietra 45, si può mangiare all'Osteria dell'ingegno (06-6780662). Molto frequentati sono anche il pub americano Miscellanea, che offre a pranzo gustose insalate, Via delle Paste, e il Pub incontro, in Via del Collegio Romano 6.

Percorrendo Via del Seminario, oltrepassato il Pantheon (vedi itinerario n. 8) si gira a sinistra fino a giungere in Piazza Sant'Eustachio, dove si ammira la cupola della chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza, capolavoro di Francesco Borromini.


La chiesa fu concepita per essere la cappella dell'Università di Roma, istituita nel 1303 da Bonifacio VIII. La sede originaria si trovava a Trastevere e, solo nella metà del Quattrocento, l'università fu trasferita nell'area di Sant'Ivo dove ancora oggi sorge il palazzo. L'edificio fu la sede dell'Università "La Sapienza" di Roma fino al 1935, quando poi fu trasferita nella Città Universitaria.

L'incarico per la costruzione della cappella di Sant'Ivo fu originariamente assegnato a Gian Lorenzo Bernini che ritenendo il lavoro scomodo e difficile, pensò di affidarlo al Borromini che creò invece una straordinaria quanto complessa struttura. L'originalissima pianta esagonale riprende, schematizzata, l'ape simbolo della famiglia dei Barberini che commissionò l'opera. Straordinaria è anche la cupola, dall'inconsueta forma a spirale culminante con una corona di fiamme. Essa è simbolo di carità, la virtù principale di Sant'Ivo, protettore degli avvocati, che si pose gratuitamente al servizio dei poveri e degli indifesi divenendo così l'"avvocato dei poveri".

La lanterna della cupola ricorda la valva di un mollusco che Borromini conservava nella sua collezione di conchiglie. E' quindi probabile quindi che l'artista si sia ispirato, nel realizzare il disegno per la corona ingemmata a coronamento dell'edificio, proprio alla forma allungatissima del mollusco!

Se si desidera un buon caffè, ci si deve recare al Caffè Sant'Eustachio, Piazza Sant'Eustachio 82 mentre al n. 54 si trova Camilloni, celebre per la pasticceria e il gelato artigianale.

Dopo una sosta a Piazza Navona (vedi itinerario n. 7), da sempre scenografico scenario per feste, spettacoli e processioni, l'itinerario sul Barocco non può che concludersi in Vaticano, dove Bernini ha lasciato innumerevoli testimonianze del suo talento, a partire dallo spettacolare Colonnato di Piazza San Pietro. La forma ellittica, che vuole simboleggiare l'abbraccio della chiesa all'intera umanità, è definita da una serie di 284 colonne disposte su quattro file.


Se però ci si posiziona su uno dei due fuochi dell'ellisse, segnalati da un disco di granito, sembra che il colonnato sia composto da una sola fila di colonne!
Al termine del braccio destro del colonnato, due guardie svizzere fanno la guardia alla Scala Regia.

Sfruttando abilmente il poco spazio a disposizione, l'artista è riuscito a dare l'illusione di una scala assai più grande mediante l'utilizzo di accorgimenti ottici. Anche all'interno della basilica, le geniali invenzioni del Bernini non cessano di stupire.

L'immenso spazio sottostante la cupola è stato occupato dal gigantesco baldacchino, alto ben 29 metri (come Palazzo Farnese e il Louvre), le cui colonne tortili furono realizzate fondendo il bronzo delle tegole del Pantheon, cosa che fu immediatamente oggetto della celebre pasquinata Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini (Quello che non hanno fatto i barbari, hanno fatto i Barberini). Il baldacchino fu eretto sopra l'altare, a sua volta collocato esattamente sul luogo dove, secondo la tradizione, sarebbe sepolto San Pietro.

Sulle basi delle colonne in bronzo che sorreggono il baldacchino, si possono vedere gli scudi con le api dei Barberini. Ad un esame più attento però ci si rende conto che esse mostrano in realtà il susseguirsi di espressioni di dolore sul volto di una donna durante il parto. Girando intorno al monumento, in senso orario, si vedono sette momenti diversi della gravidanza, fino al volto sorridente di un bambino. Bernini volle, evidentemente attraverso la figura di papa Urbano VIII Barberini, celebrare l'umanità che soffre nell'attesa della salvezza.

Sul fondo dell'abside si staglia la Cattedra, la grande sedia in bronzo, sorretta da quattro gigantesche statue raffiguranti i Dottori della Chiesa, che fu realizzata per custodire la sedia episcopale dove Pietro sedeva.



In realtà la cattedra, custodita all'interno del monumento barocco, risale al IX secolo ed è un dono fatto da re Carlo in Calvo a papa Giovanni VII.

Per avere un'idea delle dimensioni della cattedra, si ricorda che furono impiegate più di 121 tonnellate di bronzo e che la lunghezza dell'apertura d'ali della colomba dello spirito santo sulla vetrata é 1.75 metri. Anche le tiare dei dottori della chiesa, collocati in basso, sono alte circa due metri.

Bernini realizzò anche i monumenti funebri dei papi Urbano VIII Barberini e Alessandro VII Chigi.

Quest'ultimo, collocato nel transetto sinistro, aveva originariamente la statua della Verità scolpita nuda; ma il papa, giudicando la figura femminile scandalosa, la fece riscoprire con una veste in bronzo.

L'oramai anziano Bernini, nonostante le opposizioni, dovette arrendersi di fronte alle richiesta del pontefice e vedere modificata la sua opera. La porta sottostante il monumento è la Porta della Morte, caratterizzata dal macabro scheletro con la clessidra in mano, attraverso la quale tutti gli essere mortali prima o poi passeranno.







Roma nel Rinascimento



Durante il Medio Evo, la città di Roma fu abbandonata a causa del trasferimento della corte papale ad Avignone, in Francia. L'assenza del pontefice provocò di conseguenza un crisi economica che costrinse la popolazione ad abbandonare la città. Questa, ridotta in miseria, divenne in breve un ammasso di rovine dove pascolavano greggi e bovini. Ma dopo il 1418, anno in cui papa Martino V ristabilì la sede pontificia a Roma, la città cominciò a rinascere e, alla fine del XV secolo, tornò a essere la grande capitale di un tempo.

L'itinerario comincia dai Musei Vaticani, all'interno dei quali è possibile visitare la Cappella Sistina, uno dei monumenti più famosi e visitati del mondo.

Voluta alla fine del XV secolo da papa Sisto IV dal quale prende il nome, la cappella è l'esempio più emblematico del mecenatismo papale durante il Rinascimento.
E' decorata con straordinari affreschi compiuti da Perugino, Ghirlandaio, Luca Signorelli, Botticelli e Cosimo Rosselli, che erano alla fine del Quattrocento i pittori più famosi attivi tra Toscana e Umbria. Successivamente la cappella, destinata sia al papa sia al popolo di fedeli, fu abbellita dagli straordinari dipinti compiuti da Michelangelo nel XVI secolo. Il grandissimo artista -anche lui di origini toscane- realizzò gli affreschi della volta tra il 1508 e il 1512 e quelli della parete d'altare, con il celeberrimo Giudizio Universale, tra il 1534 e il 1541. I circa quattrocento personaggi che affollano il Giudizio sono quasi tutti senza abiti e in alcuni di essi sono ritratti personaggi coevi all'artista. Nelle sembianze di Minosse, con i fianchi cinti da un serpente che gli morde i testicoli, è raffigurato Biagio da Cesena, cerimoniere papale mentre nella pelle di San Sebastiano, morto scorticato vivo, è possibile riconoscere il volto di Michelangelo. I nudi fecero gridare allo scandalo e, quando Michelangelo era ancora in vita, furono in parte coperti da Daniele da Volterra da allora detto il "braghettone". I restauri per la pulitura degli affreschi della Cappella Sistina sono finiti nel 1999 e hanno consentito di riscoprire gli intensi colori originari, offuscati per tanti anni dallo sporco.


Dai Musei Vaticani, dove è possibile vedere anche le Stanze di Raffaello, dipinte tra il 1509 e il 1512 e l'Appartamento Borgia, affrescato alla fine del XV secolo da Pinturicchio, si può arrivare Piazza San Pietro.

La piazza è dominata dalla chiesa più grande del mondo: la Basilica di San Pietro. La cupola è opera di Michelangelo che progettò anche la pianta della chiesa rinascimentale, ricostruita su quella paleocristiana per volontà dell'architetto papale Donato Bramante che fece distruggere l'antica basilica.


Per questo motivo Bramante fu detto "Mastro ruinante". Del Buonarroti è anche la bellissima Pietà, conservata nella prima cappella della navata laterale destra. E' l'unica opera firmata dal grande artista: si narra che lo scultore, arrabbiato perché nessuno sapeva chi avesse realizzato il capolavoro, decise di incidere il suo nome sulla fascia che cinge il petto della Vergine. Michelangelo lasciò inoltre impresso il suo monogramma M inciso nelle pieghe della mano destra della Madonna, quella rivolta verso gli spettatori.

Da San Pietro, attraversando Ponte Vittorio Emanuele II, è possibile andare a pranzo da Lilli, tipica trattoria romanesca, in Via Tor di Nona 26 (06 6861916). In Via del Governo Vecchio 28 si trova invece Da Giovanni, frequentatissimo alimentari specializzato in pizza ripiena!

Nei pressi di Piazza Navona si trova la bellissima chiesa di Santa Maria della Pace con la facciata barocca di Pietro da Cortona. In realtà fu costruita per volontà di Sisto IV, lo stesso papa che fece edificare la Cappella Sistina, alla fine del XV secolo.
All'interno sono conservati affreschi del Peruzzi e di Raffaello (le Sibille). Il chiostro è uno straordinario esempio di architettura rinascimentale ed è la prima opera compiuta a Roma da Bramante.



Per immergersi completamente nell'atmosfera rinascimentale è sufficiente perdersi nei vicoli del rione Parione, tra Piazza del Fico, Via di Parione, Via del Governo Vecchio, Via di Monte Giordano e Via dei Coronari, famosa per i suoi negozi di antiquariato. Guardare le facciate dei palazzi è un vero e proprio piacere, al quale si aggiunge, sovente, lo stupore per la scoperta inaspettata di un prezioso cortile.


Le zone limitrofe a Via della Pace, Piazza del Fico e Via del Governo Vecchio si animano, dal tardo pomeriggio fino a tarda notte, con folle di persone che rendono il quartiere uno dei più vivaci della città. Per mangiare o bere c'è solo l'imbarazzo della scelta anche se per una pizza "romana" si consigliano Baffetto a Via del Governo Vecchio e Il corallo nella strada omonima. Molto carino é anche il ristorante Ciccia bomba in Via del Governo Vecchio 76 (06 68802108).

In Piazza Pasquino c'è la statua di Pasquino, la più celebre "statua parlante" di Roma.

Sul torso della scultura antica, da secoli si affiggono frasi satiriche, le cosiddette "Pasquinate", scritte da anonimi cittadini o celebri poeti come Pietro Aretino e Gianbattista Marino.

Le statue parlanti erano almeno sei. Si conoscono ancora Madama Lucrezia in Piazza San Marco; Marforio nel cortile del Palazzo Nuovo in Campidoglio; il Facchino in Via Lata, l'Abate Luigi in Piazza Vidoni e il Babuino in Via del Babuino.

Attraversando Corso Vittorio Emanuele, si giunge nel rione Regola, dove si dispiegano altre strade rinascimentali. Via di Monserrato, che prende il nome dal santuario spagnolo di Montserrat, si chiamava anticamente Via di Corte Savella dalle carceri e i tribunali sui quali aveva giurisdizione la famiglia dei Savelli. Lungo la via, molti sono i palazzi eretti tra il Quattrocento e il Cinquecento tra i quali la Casa di Pietro Paolo della Zecca, il Palazzo Incoronati (n. 152), Palazzo Ricci (n. 25) e quello al n. 117.

Frequentato nel Rinascimento da prostitute, l'edificio fu restaurato nel 1870 dal proprietario che, criticato per aver voluto modernizzare troppo la facciata, fece incidere sull'architrave la frase "Trahit sua quemque voluptas" (Ciascuno è mosso dal proprio piacere), intendendo così rivendicare il diritto di agire liberamente. Via del Pellegrino è un tratto del rettifilo medievale che univa la zona del portico d'Ottavia a Ponte Sant'Angelo.

Riordinata nel XV secolo dai papi Sisto IV e Alessandro VI, la strada ha ancora alcune facciate di palazzi dipinti nel XVI secolo (n. 64-66). Al n. 58 abitò Vannozza Cattanei, amante del cardinale Rodrigo Borgia, poi papa Alessandro VI, dal quale ebbe i figli Lucrezia e Cesare, detto il Valentino. In fondo alla via, verso Campo de' Fiori, sulla destra si apre un vicolo chiuso che conduce in una corte molto pittoresca, l'Archetto degli Acetari, riprodotta in numerosi dipinti e stampe.




In Via Monserrato 107 c'è Hollywood, negozio specializzato in video di film d'autore con una straordinaria quantità di cassette da noleggiare o acquistare. In Via del Pellegrino si può invece trovare la Libreria del viaggiatore la più fornita a Roma sui viaggi.


Tra i palazzi più importanti e grandi del rione si annovera in Piazza della Cancelleria il bellissimo Palazzo della Cancelleria costruito, nel XV secolo, dal cardinale Raffaele Riario.

Titolare della chiesa di San Lorenzo in Damaso e nipote del defunto papa Sisto IV, il Riario costruì il suo palazzo con i soldi vinti al gioco del dado ai danni di Franceschetto Cybo, figlio del papa Innocenzo VIII. L'edificio, straordinariamente imponente per essere la residenza di un cardinale, è stato costruito su disegno di un ignoto architetto. Il progetto è attribuito oggi ad Andrea Bregno coadiuvato probabilmente da Donato Bramante che ideò l'elegante cortile (vedi itinerario n.17).


Campo de' Fiori è certamente una delle piazze più caratteristiche di Roma, con il suo mercato rionale e la statua di Giordano Bruno al centro. Il filosofo domenicano fu arso vivo in Campo de' Fiori il 17 febbraio 1600 perché considerato eretico (appoggiò la teoria eliocentrica di Copernico e Galilei, di cui era amico). La statua fu scolpita da Ettore Ferrari nel 1887.


Non si può non segnalare il forno al n. 22 della piazza. La pizza, appena sfornata, è una delle più buone di Roma. Campo de' Fiori la sera diventa un luogo di ritrovo soprattutto per i giovani che frequentano la Vineria e i ristorantini della zona. Per gli amanti della cucina romanesca si segnalano la Carbonara (06 6864783) e l'Hosteria romanesca (06 6864024) dove si può mangiare una buonissima amatriciana.


La strada più famosa del rione è sicuramente Via Giulia che si raggiunge attraversando Piazza Farnese. Il palazzo che da' il nome a questo grande salotto all'aperto è Palazzo Farnese, costruito da Antonio da Sangallo il Giovane per i cardinale Alessandro Farnese, divenuto papa nel 1534 col nome di Paolo III (vedi itinerario n.17). Terminato da Michelangelo, che realizzò la finestra centrale, il cornicione e il terzo piano del cortile, l'edificio è sede, dal 1871, dell'Ambasciata di Francia. Se i francesi lo consentono, è visitabile su prenotazione telefonando al numero 06 686011. Entrare nel palazzo è un vero privilegio visto che, fino a poco tempo fa, gli ambasciatori non gradivano visite. All'interno dell'edificio si trovano la Galleria dei Carracci e la sala dei Fasti Farnesiani, affrescata dal Salviati.


Sopannominato il Dado per la sua forma, il palazzo è stato da poco restaurato. La pulitura della facciata ha riportato alla luce la policromia dei mattoni che, disposti a losanghe, decorano la superficie.

Via Giulia prende il nome da papa Giulio II che la fece aprire, su progetto di Bramante, all'inizio del Cinquecento, per istituirvi le sedi dei palazzi del potere.


L'ambizioso progetto non fu però realizzato anche se fu iniziata la costruzione del tribunale del quale ancora oggi si vedono, tra Via del Cefalo e Via del Gonfalone, alcuni grossi blocchi di marmo, soprannominati dai romani i "sofà di via Giulia", che costituivano la base della facciata. In via Giulia si trova il cavalcavia dei Farnese, un ampio arco che crea uno scorcio romantico della via.

Fu realizzato nel 1603 per unire, scavalcando la strada, Palazzo Farnese con alcuni edifici collocati di fronte. In questo tratto di strada si svolsero alcune feste romane tra le quali il "palio de barberi e cavalli" nel 1638.

Per oltrepassare il Tevere si percorre Ponte Sisto, le cui origini risalgono al II secolo dopo Cristo.

Il ponte attuale, sottoposto fino al 1999 ad un intervento di ristrutturazione e di consolidamento, fu eretto, nella seconda metà del XVI secolo, sulle fondamenta di quello antico, dal pontefice Sisto IV della Rovere, dal quale prese il nome. In occasione del Giubileo del 1475, il ponte doveva infatti congiungere le due sponde del fiume permettendo al rione Trastevere di avere una diretta comunicazione con il resto della città.

Nel 1879 fu ampliato con le nuove passerelle laterali in ghisa, sospese su mensoloni.

A Trastevere, da Piazza Trilussa, si arriva in Via della Lungara passando sotto Porta Settimiana.

Nata, nel III secolo, come arco onorario dell'imperatore Settimio Severo, la porta fu poi inglobata nella cinta muraria di Aureliano e ampliata nel XV secolo. L'aspetto attuale si deve al papa Pio VI.

In Via Santa Dorotea 19 avrebbe abitato la Fornarina, amante di Raffaello. La donna, immortalata nel celebre dipinto conservato nella Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini, avrebbe dimorato anche in un'altra casa in Via del governo Vecchio 48, come ricorda l'iscrizione nell'androne. In Via di Porta Settimiana 8 si trova Romolo (06 5818284), uno dei più caratteristici ristoranti di Trastevere. Il locale, con giardino interno, fu il preferito dal poeta Trilussa.

L'itinerario rinascimentale non può che concludersi a Villa Chigi detta la Farnesina in Via della Lungara 230.

Capolavoro architettonico di Baldassarre Peruzzi, la dimora suburbana fu costruita all'inizio del XVI secolo per il ricco banchiere senese Agostino Chigi. All'interno si conservano affreschi dello stesso Peruzzi, di Sebastiano del Piombo, di Sodoma e Raffaello. E' un luogo straordinario la cui visita non si può assolutamente perdere.
I banchetti organizzati da Agostino Chigi sono celebri per lo sfarzo che li caratterizzava. Alla fine di un banchetto nel 1518 furono gettati nel Tevere, tra lo stupore e lo sgomento degli ospiti, tutti i piatti e le posate d'oro con i quali erano state offerte le vivande. Ma l'astuzia di Agostino Chigi fu tale che numerose reti, precedentemente adagiate sul fondale del fiume, consentirono il recupero delle preziose vettovaglie!

Lungo Via della Lungara si trova il Carcere di Regina Coeli, istituito alla fine del XIX secolo e il cui nome deriva dalla preesistente chiesa di Santa Maria Regina Coeli. Si tramanda che non vi siano romani "de Roma" che almeno una volta non abbiano sceso "er gradino der Coeli", vale a dire il gradino che conduce all'interno del carcere.

Per concludere la serata si può cenare a La scala, divertente bistrot dove si può ascoltare anche musica live, Via della Scala 60 (06 5803763).

Orari musei e monumenti: Musei Vaticani e Cappella Sistina, Viale del Vaticano Orario 8.45 - 15.45, chiusi domenica. Ingresso a pagamento. Villa Farnesina alla Lungara, Via della Lungara 230, orario 9.00 - 13.00, chiusa domenica. Ingresso a pagamento.

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